Telefonate mute, in silenzio dove l’unico indizio è quel numero, proveniente dalla Tunisia. Lo stesso Paese d’origine dell’uomo che quattro anni fa le massacrò con 37 coltellate la figlia, Daniela Bani. Quell’uomo è Chaanbi Mootaz, marito della vittima, condannato in Primo e Secondo grado a 30 anni di carcere per aver ucciso la moglie nella loro abitazione a Palazzolo sull’Oglio, nel bresciano. A ricevere le minacce è la famiglia della donna. Ce ne parla la madre della vittima. Lei, vive nello stesso caseggiato del massacro. In questo periodo è fuori casa ma accetta di parlarci al telefono. Ci racconta di queste telefonate col prefisso dalla Tunisia. «Chiamate anonime che non mi fanno paura – dice- voglio solo giustizia».
Subito dopo il delitto, l’uomo riuscì a fuggire in Tunisia dove è rimasto libero per quattro anni. E’ a questo periodo che risalgono le prime telefonate anonime. Un mandato d’arresto internazionale lo scorso febbraio è poi riuscito a portarlo in carcere a Tunisi da qui attende il verdetto della Cassazione ma intanto le telefonate continuano.
Una scala la divide dall’appartamento dove la figlia ha trovato la morte. Da quel giorno lei e il marito fanno da genitori ai due ragazzi, di 7 e 11 anni, rimasti in uno solo colpo senza genitori.