Evitare una strage anche a costo della propria vita. E la prima regola per un pilota ed è la prima che hanno messo in pratica Giampaolo Goattin e David Ashley, a bordo del jet che si è schiantato sulle montagne lecchesi. Incidente costato la vita al top gun inglese. A raccontare questo drammatico dettaglio è proprio il pilota sopravvissuto, litaliano Giampaolo Goattin. Dal suo letto dospedale, il Niguarda, da cui è stato già dimesso, ha riferito di aver scelto una zona disabitata. In gergo si dice: portare in salvo laereo. Tradotto: pensare, in pochissimi minuti, di evitare un centro abitato, sacrificando, semmai, la propria vita. E così è andata.
La procedura di espulsione ha funzionato correttamente, così come i paracadute.
Quella che è mancata è stata la fortuna, almeno per Ashley, che non ha avuto abbastanza campo per atterrare, finendo sulla roccia che gli è stata fatale. Goattin, invece, ha avuto più spazio ed è riuscito ad agganciarsi a uno spuntone dal quale poi è stato recuperato, vivo.
Cosa sia davvero successo spetterà ora chiarirlo a due inchieste: quella della procura di Lecco e quella di Leonardo, colosso nazionale della difesa, dellaerospazio e della sicurezza. E di cui è dipendente il pilota sopravvissuto.
Al setaccio: il tragitto. Da Venegono, nel varesotto, da cui è partito il jey; al monte Legnone dove si è schiantato. Poi lanalisi della scatola nera. Recuperarla sarà difficilissimo: tra i monti, tra il velivolo andato completamente distrutto. Il jet non era destinato allAeronautica e neppure sottoposto a test di prova in vista di una cessione o riconversione militare. Nulla di tutto questo come era inizialmente emerso. Goattin stava insegnando i segreti del mezzo ad Ashley che, a sua volta, avrebbe fatto da maestro ad altri. Restano le dichiarazioni del pilota sopravvissuto: un top gun, considerato un asso dellaviazione. Prima una manovra acrobatica con una parabola circolare, poi il jet ha perso il controllo, di colpo, senza preavviso.
La procedura di espulsione ha funzionato correttamente, così come i paracadute.
Quella che è mancata è stata la fortuna, almeno per Ashley, che non ha avuto abbastanza campo per atterrare, finendo sulla roccia che gli è stata fatale. Goattin, invece, ha avuto più spazio ed è riuscito ad agganciarsi a uno spuntone dal quale poi è stato recuperato, vivo.
Cosa sia davvero successo spetterà ora chiarirlo a due inchieste: quella della procura di Lecco e quella di Leonardo, colosso nazionale della difesa, dellaerospazio e della sicurezza. E di cui è dipendente il pilota sopravvissuto.
Al setaccio: il tragitto. Da Venegono, nel varesotto, da cui è partito il jey; al monte Legnone dove si è schiantato. Poi lanalisi della scatola nera. Recuperarla sarà difficilissimo: tra i monti, tra il velivolo andato completamente distrutto. Il jet non era destinato allAeronautica e neppure sottoposto a test di prova in vista di una cessione o riconversione militare. Nulla di tutto questo come era inizialmente emerso. Goattin stava insegnando i segreti del mezzo ad Ashley che, a sua volta, avrebbe fatto da maestro ad altri. Restano le dichiarazioni del pilota sopravvissuto: un top gun, considerato un asso dellaviazione. Prima una manovra acrobatica con una parabola circolare, poi il jet ha perso il controllo, di colpo, senza preavviso.