Da una parte agenti feroci e crudeli verso le vittime prescelte, come scrivono le carte dellinchiesta; dallaltra chi sapeva, tra colleghi e vertici, e ha taciuto. Col passare delle ore, quello che emerge dalle indagini sui presunti maltrattamenti nel carcere minorile di Milano assomiglia sempre più a un sistema Beccaria. Cera chi subiva, chi aggrediva e chi taceva ma anche chi, i più, non si è voltato dallaltra parte. Linchiesta che ha portato allarresto di 13 agenti di polizia penitenziaria e alla sospensione di altri 8 potrebbe allargarsi. I pm sospettano che le presunte vittime, al momento 12, possano essere molte di più; così come i possibili responsabili. Si indaga a tutti i livelli: dal team sanitario a quello educativo. Fino ai vertici: e il caso dellex direttrice che allo stato, dagli atti, non risulta indagata.
Intanto nel carcere di Bollate sono iniziati i primi interrogatori degli agenti, che rispondono anche del reato di tortura: eravamo abbandonati a noi stessi, non sapevamo gestire la situazione, hanno cercato di spiegare davanti al gip.
E poi ci sono i ragazzi. Come quello lanciato letteralmente contro il muro, si legge negli atti, o quelli che avevano segni dellanfibio sul collo.
Non tutti però si sono girati dallaltra parte. Fatti anomali erano stati segnalati anche da una dottoressa e una mediatrice. Determinante il ruolo di una psicologa che, seppur a fatica, visto il clima intimidatorio di cui parlano le indagini, aveva raccolto lo sfogo dei detenuti e girato tutto agli inquirenti. La sua collaborazione è stata fondamentale per scoprire il velo su un sistema sul quale cè ancora tanto da scavare.
Intanto nel carcere di Bollate sono iniziati i primi interrogatori degli agenti, che rispondono anche del reato di tortura: eravamo abbandonati a noi stessi, non sapevamo gestire la situazione, hanno cercato di spiegare davanti al gip.
E poi ci sono i ragazzi. Come quello lanciato letteralmente contro il muro, si legge negli atti, o quelli che avevano segni dellanfibio sul collo.
Non tutti però si sono girati dallaltra parte. Fatti anomali erano stati segnalati anche da una dottoressa e una mediatrice. Determinante il ruolo di una psicologa che, seppur a fatica, visto il clima intimidatorio di cui parlano le indagini, aveva raccolto lo sfogo dei detenuti e girato tutto agli inquirenti. La sua collaborazione è stata fondamentale per scoprire il velo su un sistema sul quale cè ancora tanto da scavare.