Giubbotto, jeans e volto tirato. Adilma Pereira Carneiro, dalla stampa ribattezzata “mantide di Parabiago”, di nuovo in aula, in Corte d’Assise a Busto Arsizio dove è sotto processo assieme ad altre sei persone per la morte di Fabio Ravasio, all’epoca compagno della donna, ucciso nell’agosto del 2024 da un incidente orchestrato da lei e dai suoi complici, questa è l’accusa, per sottrarre all’uomo il cospicuo patrimonio. L’udienza ha negato l’accesso alla giustizia riparativa che era stata chiesta da uno degli imputati: Massimo Ferretti, amante della donna; per la procura il “regista” delle comunicazioni per organizzare il piano. A nulla sono valse le scuse che aveva già chiesto in aula alla famiglia della vittima. Ammessa la perizia psichiatrica per Marcello Trifone: legalmente il marito di Adilma e che il giorno dell’incidente sedeva come passeggero sull’auto che investì poi Ravasio. Sul tavolo degli inquirenti ora, anche e soprattutto una lettera, quella scritta da Igor Benedito, accusato di aver guidato l’auto dell’incidente mortale, alla madre Adilma. “ Mi avete fatto uccidere l’unica persona che tirava fuori quello che di buono c’è in me”. Sarebbe questo il tenore dello scritto, sul quale però da parte degli avvocati vige il più stretto riservo. Il 3 marzo la prossima udienza e dal 7 aprile si entrerà nel vivo con i primi testimoni.